Art11 - Villa Romana

I colori degli affreschi della Villa Romana di Isera

Non c’è dubbio che la costruzione di una grande villa romana nel territorio della destra Adige a Isera, nel Trentino meridionale, doveva costituire un impegno finanziario ingente e richiedere un reperimento di materie prime non indifferente. Ecco quindi che alla luce della presenza, nella villa romana di Isera, di una grande quantità di pareti e soffitti affrescati, di grande pregio e con l’utilizzodi vari colori (nero, azzurro, verde, rosso, giallo) in diverse tonalità, è parso importante innanzitutto studiare la natura di questi pigmenti e chiedersi se il territorio trentino poteva fornire le materie prime necessarie, se gli uomini del I secolo d.C. ne avevano già organizzato l’estrazione e la commercializzazione o se i colori utilizzati erano tutti di importazione.
Lo studio in microscopia classica, in microspettroscopia infrarossa e l’analisi chimica dei colori ha quindi, quale scopo primario, fornire all’archeologo la caratterizzazione della natura principale dei coloranti usati e, nei limiti delle metodiche adottate, stabilire l’eventuale compatibilità con le risorse naturali presenti nel territorio. Il tutto per poter offrire ulteriori elementi che permettano di meglio comprendere i rapporti commerciali e le potenzialità economiche del territorio lagarino nel I secolo d.C. Va ricordato che l’uomo fu sempre buon conoscitore del territorio e ottimo utilizzatore delle risorse ivi localizzate, anche quando per poterle sfruttare doveva affrontare disagi legati a fattori naturali avversi o a tenori e qualità del minerale o della roccia estratti non sempre ottimali. Nei secoli passati, in maniera quasi contraddittoria, questa capacità di riconoscere e sfruttare minerali e rocce non fu abbinata ad una altrettanto florida attività scientifica e di documentazione puntuale di ogni centro estrattivo. Per millenni l’uomo lesse i segni di una possibile mineralizzazione basandosi solo su esperienze empiriche, molto spesso anche casuali, tramandandole oralmente di padre in figlio, senza però mai porsi il quesito della genesi del giacimento o di una sua contestualizzazione nel territorio. L’abitudine, poi, di sfruttare anche i piccoli giacimenti per soddisfare esigenze personali o familiari in un’attività mineraria che si protraeva magari per un lasso di tempo modesto, ha fatto sì che la mappatura delle risorse disponibili nel passato non sia di facile ricostruzione.

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L’idea innovativa è quella di proporre un sistema di controllo geofisico time-lapse che faccia ricorso all’integrazione di diversi metodi. Un sistema di telerilevamento di prossimità, da piattaforma fissa o sfruttando un vettore aereo “autonomo”, equipaggiato con sensori diversi: nel visibile, nell’infrarosso vicino e nel termico. Un sistema di tomografia elettrica, comparando mappe di potenziali spontanei, rettangoli di resistività elettrica e di polarizzazione indotta secondo geometrie elettrodiche diverse.

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Rappresentazioni time lapse dei potenziali spontanei e della resistività apparente su array di elettrodi posizionati in due diversi ambienti di discarica.

Il nostro gruppo di ricerca, da alcuni anni, ha messo a punto un sistema di tomografia elettrica, con l’azienda Moho del Polo Tecnologico Vega (Venezia), idoneo a registrare in continuo e in remoto, le variazioni nel tempo dei valori di potenziale spontaneo e della resistivit à apparente in due situazioni di discarica distinte.

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